Ci sono giornate strane, particolari, dove fatichi a cogliere il senso e a capire che cosa ti stanno regalando.

Alla fine, quando le vivi, ti accorgi che sono state belle, significative. Insomma… che ti hanno lasciato qualcosa.

18 marzo. Milano, centro storico. Ore 16,30.

L’appuntamento è uno di quelli che si definirebbe “molto importante”. Di quelli seri, che farebbe tremare le gambe anche alla persona più sicura di questo mondo: l’incontro con l’Arcivescovo di Milano mons. Mario Delpini. L’udienza ci è stata concessa per dare la nostra testimonianza sulla vita meravigliosa di Angelica Tiraboschi.

Mamma mia…! Per l’occasione ci si deve organizzare per bene.

Quindi inizio a chiedermi come devo vestirmi? Non posso andare di certo con le mie adorate scarpe da ginnastica e in tuta.

Partiamo tutti in “etichetta”: io con mio marito Cristian, il papà e la mamma di Angelica e gli zii Erika con Luca.

Il tragitto in metrò assume toni simpatici, quasi grotteschi. Per noi che arriviamo dalla montagna anche obliterare un biglietto e capire dove dobbiamo andare diventa una vera impresa.

Ma ci stiamo recando dall’Arcivescovo di Milano, noi… non da uno qualunque!

Scendiamo dal metrò, facciamo le scale e ci si presenta davanti il Duomo nella sua imponenza e bellezza, unica e strabiliante.

E lì scatta ovviamente la foto di rito: <<Dai, tutti davanti al Duomo>>.

Dopo pochi minuti partiamo alla volta della casa dell’Arcivescovo presso la Curia di Milano; già la parola è una di quelle da far ridere o rabbrividire, dipende dai punti di vista.

Attraversiamo la piazza del Duomo sotto una pioggia forte ed insistente con i nostri bei vestiti della festa, tutti pronti per la grande occasione.

Giungiamo presso la Curia, fuori da un portone enorme di legno massiccio, e suoniamo il campanello.

Ad accoglierci arriva una donna sulla sessantina che ci accompagna, a gruppi di tre, sul piccolo ascensore che ci porta dritti dritti in un salone enorme, poco illuminato. Alle pareti sono appesi i ritratti dei Cardinali di Milano degli ultimi secoli. Davanti a noi un pregevole tavolo con antiche sedie: sembra di essere in un altro mondo rispetto al mio solito!

Percorriamo un corridoio e veniamo introdotti in una saletta più piccola.

La signora, molto gentilmente, ci fa accomodare dicendoci che dopo poco il Vescovo sarebbe arrivato.

Anche qui, poltrone imbottite di preziose stoffe azzurre e bianche, lampadario di epoche lontane, appendiabiti eleganti, orologi antichi.

Con molto riguardo ci sediamo.

In amicizia, sorridiamo e scherziamo tra di noi fino a che sentiamo, in lontananza, alcuni passi.

Ci mettiamo subito sull’attenti. Ragazzi seri… sta arrivando l’Arcivescovo!

Una parentesi. Mentre stavamo arrivando all’appuntamento, tra di noi ci chiedevamo se dovevamo baciare l’anello del vescovo e la cosa ci faceva un po’ sorridere anche se eravamo perfettamente pronti a mettere in atto tutti i rituali che richiedono questi importanti incontri.

Ma torniamo “ai passi” del Vescovo.

Sentendoli in lontananza ci mettiamo composti e ricapitoliamo velocemente i princìpi delle buone maniere.

Delicatamente si apre la porta della saletta e appare davanti a noi un “Uomo” (e qui ci vuole la maiuscola) semplice ma distinto nello stesso tempo, di bassa statura, scarpe classiche, in pantaloni e maglioncino blu che lascia intravedere il collarino bianco dei sacerdoti.

A quel punto penso tra me e me: “Sarà il segretario del Vescovo che ci avvisa dell’imminente arrivo di sua eccellenza”.

Il più esperto della combriccola, invece, gli stringe la mano e lo saluta cordialmente ringraziandolo per averci accolto.

O mio Dio, è l’Arcivescovo di Milano!... ma dove è la veste filettata di rosso e la croce pettorale?

E lo zucchetto rosso?

Niente di tutto questo.

Ma proprio niente.

Dopo le strette di mano e le presentazioni iniziali, ci sediamo e trascorriamo il tempo, a nostra disposizione, parlando della vita esemplare di Angelica. Papà Marcello gli consegna il libro scritto su di lei dal titolo “Vivere a colori”. Mons. Delpini sofferma il suo sguardo sulla copertina contemplando il dolce viso di Angelica. Lo accarezza.

La nostra udienza si svolge in un clima familiare davanti a questo “piccolo grande” uomo di Dio.

È un momento bello che si arricchisce subito di parole e ricordi.

E lì tiro un gradissimo sospiro di sollievo…

La Chiesa di Dio è “salva” se è in mano a queste umili persone… siamo salvi! E non è poco.

Mons. Mario Delpini è stato eletto Vescovo da Papa Francesco e qui capisco molte cose del suo stile sobrio e accogliente che lo portano a concentrarsi verso le periferie dell’esistenza.

Dopo la foto di gruppo l’Arcivescovo consegna a ciascuno di noi una corona del rosario chiedendoci di pregare per lui, come fa molto spesso anche papa Bergoglio.

Lasciamo alle nostre spalle la stanza che ci ha accolto mentre “don Mario” ci accompagna, con l’ascensore, fino al portone dell’uscita attraverso il piccolo ascensore. Durante la discesa prendiamo l’occasione per invitarlo a Oltre il Colle e gli raccontiamo delle visite estive che il Cardinal Martini faceva nella nostra bella valle Serina.

Arriviamo nuovamente davanti al portone d’entrata che ora ci fa meno timore di quando siamo arrivati: ai nostri occhi ha una luce diversa, meno imponente.

Lo salutiamo con affetto e simpatia.

Ci lascia un bel ricordo di semplicità e di pace.

È un Vescovo capace di “ascolto”

Un grande dono.

 

Ma le sorprese non finiscono qui.

Alle 18,30 abbiamo un secondo appuntamento con il Vescovo ausiliare di Milano mons. Paolo Martinelli, un francescano cappuccino. Considerata la mia ammirazione per San Francesco posso dire di “giocare in casa”.

Ora siamo decisamente più rilassati anche se, insomma, è pur sempre un Vescovo.

Arriviamo con largo anticipo presso il convento dei frati di via Velasquez. Suoniamo il campanello della portineria e subito il frate di turno ci apre il portone.

Siamo in anticipo di un’ora. Il vescovo sta tornando da Roma con il treno e quindi ci accomodiamo in una saletta in attesa del suo arrivo.

La stanza si presenta decisamente più sobria e meno elegante rispetto all’Arcivescovado, in perfetto stile francescano.

Il tempo scorre velocemente e alle sei e mezza in punto sentiamo suonare nuovamente il campanello del convento.

Una voce squillante e fraterna saluta il portinaio.

Avvertiamo i passi del nuovo arrivato avvicinarsi ma questa volta non ci incutono timore.

Entra il Vescovo con il suo candido saio marroncino, una sciarpa scura e un pile nero; le scarpe credo gli siano state date in prestito da Papa Francesco perché molto simili alle sue.

Gli occhi mi si illuminano e dentro di me dico: “Che bello… questa è povertà! Questo è lo stile della Chiesa a cui aspirare”.

Non perdiamo tempo e iniziamo subito a spiegare il motivo della nostra visita e a parlare della nostra Angelica. Gli doniamo il libro che raccoglie la sua biografia, facciamo le nostre testimonianze e poi lui ci fa dono delle sue parole… di una sua riflessione: <<La vita di Angelica ci mostra un tratto del volto di Dio>>.

Mentre parla vedo nei suoi occhi una luce profonda e una convinzione in quello che ci dice che mi entusiasmano e allo stesso tempo mi commuovono.

Lo ringraziamo di cuore per averci accolto e per le sue parole. Riceviamo la benedizione solenne e ci lasciamo con la foto di gruppo.

Sto per scattare quando mi dice: <<Aspetta che devo togliere la croce pettorale da sotto il saio perché si lamentano che non la mostro mai>>.

“Non preoccuparti, vescovo Paolo, a noi va davvero bene così! Hai già dimostrato che grande uomo di Dio sei con le tue parole dettate da un cuore innamorato di Lui”.

Ci saluta.

Lo salutiamo e usciamo da quel convento con qualcosa in più.

Molto per la verità.

Samantha Palazzi

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